In occasione della giornata internazionale dell’infermiere pubblichiamo la testimonianza di Giancarla Acerboni, responsabile dei Servizi Sanitari della Casa dei Ragazzi. In questo tempo di emergenza sanitaria, torna attuale la visione di Florence Nightingale, l’infermiera britannica nata il 12 Maggio del 1820,che istituì l’assistenza infermieristica come la conosciamo oggi e venne definita la “Donna con la lanterna”, per l’incessabile lavoro con i malati negli degli ospedali da campo.

Mai come quest’anno la giornata internazionale dell’infermiere assume per me un significato pieno di contraddizioni.

Il mio “essere” infermiera si è sempre declinato attraverso un mondo di contatti, carezze, abbracci e piccoli gesti per infondere coraggio e forza a chi in quel momento ne aveva bisogno e per esprimere vicinanza a chi era in difficoltà.

In quest’ultimo lungo, lunghissimo anno, in cui la pandemia ha sconvolto le vite di tutti noi, abbattendosi con la forza di uno tsunami sulle nostre certezze, ho dovuto improvvisamente imparare ad esprimere il mio sostegno e la mia vicinanza agli ospiti della Casa dei Ragazzi soltanto attraverso lo sguardo evitando il più possibile quella prossimità  fisica che per me è sempre stata un punto di forza e che ora, invece, è diventata una minaccia per la salute ,soprattutto dei più fragili.

Solo con gli occhi ho imparato a dire …Eccomi ci sono. Sono qui per te, dimmi. Ti ascolto. Sfogati. Piangi. Arrabbiati. Ti reggo, sono qui e ti vedo. Sono qui per sostenerti, se vuoi. Sono qui.

Dietro la mascherina ed indossando la mia divisa vivo tutto ciò che a volte è troppo difficile da spiegare, quasi impossibile da raccontare; ci sono stati momenti in cui quella stessa divisa mi stava così stretta che avrei voluto strapparmela via dalla pelle ,forse dalla mente, eppure continuo ad amarla, è la mia scelta e  la mia passione migliore.

Apro il mio armadietto pieno di oggetti e di momenti lasciati lì, respiri condivisi e pianti mai svelati; mi spoglio dei miei vestiti comuni ed indosso la mia divisa che porta con sé il suo lavoro e la mia dedizione.

La divisa che indosso ogni giorno non è un armatura, sotto questa divisa batte  forte un cuore che tocca con mano il dolore degli altri.

E’ stato un anno duro e difficile,  in cui  i nostri Ragazzi hanno mostrato tutti i giorni di essere persone davvero speciali, non per le loro mancanze, ma perché hanno saputo adeguarsi a questa nuova realtà, insegnandomi ogni giorno più di quanto io lasci a loro.

A fine giornata torno a casa, svuotata e diversa, riempita di insegnamenti, ricca di nuove speranze, con la consapevolezza che quello che faccio non sarà mai abbastanza e con uno sguardo diverso sul resto del mondo.

 

 

“ Non fare caso a me. Io vengo da un altro pianeta. Io ancora vedo orizzonti dove tu disegni confini”

Frida Kahlo

Acerboni Giancarla

Responsabile dei Servizi Sanitari della Casa Dei Ragazzi